Sin dagli anni 70 il contratto di utenza telefonica è ricondotto al contratto di somministrazione che, ai sensi dell’art. 1559 c.c., è quel contratto in base al quale una parte (somministrante) si obbliga ad eseguire, in favore dell’altra (somministrato), prestazioni continuative o periodiche di cose o di beni dietro il corrispettivo di un prezzo. Attualmente la conclusione del contratto di utenza telefonica avviene per la maggiore attraverso il teleselling, cioè una telefonata effettuata dall’addetto al call center del gestore telefonico di riferimento che promuove nuovi servizi e tariffe agevolate, spesso presentandoli come più appetibili rispetto al resto del mercato. Ne è derivato un grosso contenzioso, ove la tutela offerta all’utente/consumatore dalla disciplina civilistica è fortunatamente integrata con quella prevista all’interno del Codice del Consumo, D. Lgs. n. 205/2006; essenziale soprattutto sul piano delle informazioni rese all’utente, necessarie a formare la sua consapevole volontà di aderire al negozio. Ciò poiché le procedure di teleselling realizzano la particolare forma del contratto a distanza, tale per cui le parti stipulanti non sono simultaneamente presenti nello stesso luogo al momento della conclusione del negozio, ma si scambiano proposta e accettazione per il tramite di mezzi di comunicazione a distanza, siano essi il telefono, il fax o internet. Pertanto, l’accordo che conclude il negozio ex art. 1326 c.c. si concretizza nell’adesione che l’utente/ consumatore rende al gestore telefonico, unico soggetto che determina il contenuto delle condizioni contrattuali. In simili circostanze viene meno l’importantissima fase della trattativa che personalizza il negozio, modellandolo intorno agli interessi di entrambi i contraenti e, sempre più spesso, la volontà espressa dal consumatore è carpita in maniera inconsapevole. A tale stregua il Codice del Consumo agli artt. 20 e ss. dispone una serie di norme finalizzate a definire e sanzionare pratiche commerciali scorrette e ingannevoli, riferendosi a tutte quelle tecniche adottate dal venditore che impediscono al consumatore la reale percezione del contratto che egli si appresta a concludere, così deviando la scelta economica di costui. Ci si riferisce a tutte quelle azioni od omissioni che, dunque, hanno l’unico obiettivo di promuovere il bene od il servizio offerto, inducendo in errore l’utente medio circa le specifiche caratteristiche del prodotto, l’utilità di esso e, soprattutto, i suoi costi e portandolo a compiere una scelta che non avrebbe mai compiuto se informato di tutte le peculiarità connesse all’affare. Addirittura, l’art. 21 Cod. Cons. contiene un vero e proprio elenco di pratiche ingannevoli ed alle lett. B) e C) contempla espressamente, tra le stesse, tutte le informazioni distorte, fornite al potenziale utente, relative alle caratteristiche del prodotto, agli impegni del professionista, alla natura della pratica commerciale e del processo di vendita posto in essere; si tratta di elementi, i quali, se rappresentati in modo confuso, vanno ad alterare inconfutabilmente la scelta finale del contraente consumatore. A tale stregua l’Agcom è intervenuta in materia precisando che la validità del contratto nelle procedure di teleselling dipende strettamente dalla possibilità per il consumatore di avere a disposizione il contenuto di esso su un apposito supporto tecnico durevole nel tempo, dal quale si evinca la consapevole volontà di aderire alla proposta fornita dalla compagnia telefonica. Inoltre, sempre in riferimento alle predette procedure, l’art. 51 n. 5 Cod. Cons. precisa l’importanza che assume la comunicazione del venditore riguardo allo scopo della chiamata ed il precedente art. 49 Cod. Cons. contiene un altrettanto elenco degli obblighi informativi da rendere ‘in maniera chiara e comprensibile’ nell’ambito dei contratti conclusi a distanza, soprattutto in relazione ‘alle caratteristiche principali dei beni e dei servizi offerti’. Corollario di questa peculiare disciplina è il diritto di ripensamento contemplato all’art. 52 Cod. Cons. che sancisce la possibilità per l’utente/consumatore di svincolarsi dal contratto nel termine agevolato di 14 giorni, anche senza motivazione e senza costi ulteriori e si affianca alla più generale disciplina del diritto di recesso. Ne deriva, allora, che la violazione di ognuna di queste prescrizioni comporta una responsabilità imputabile al gestore telefonico/ venditore, cui si ricollega un danno per l’utente/consumatore; danno che può essere patrimoniale e non, allorquando alla corresponsione del corrispettivo in denaro per il pagamento del servizio non richiesto, inattivo o malfunzionante si accompagni il patimento fisico o psichico. Si tenga conto, in tal senso, che, ad oggi le Carte Dei Servizi costituiscono parte integrante del contratto e contengono parametri indennitari, i quali non escludono, ad ogni modo, le richieste connesse ad un eventuale maggior danno.
Avv. Federica Rausa
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